Dopo la presentazione al Festival Internazionale del Film di Roma, "We Want Sex" arriva in anteprima a Milano.


Dopo "L'Erba di Grace", Cole resta in Gran Bretagna e porta sul grande schermo una storia vera di fondamentale importanza: lo sciopero di Dagenham, cittadina dell'Essex dove risiede un enorme stabilimento Ford, il più importante d'Europa.
Come spesso accadeva (siamo nel 1968, ma in realtà fossimo stati nel medioevo a Venezia sarebbe stato uguale) accanto alla catena di montaggio propriamente detta, c'era tutta una serie di lavori svolti esclusivamente dalle donne: all'epoca della Serenissima si trattava di cucire le vele delle galere e del Bucintoro; a Dagenham si cucivano sedili e rivestimenti per le auto in un'ala fattiscente della fabbrica.
Non serve dilungarsi oltre sulla trama: le donne vengono degradate, si incazzano, scioperano.
Banale? Sì, ed è proprio il bello del film.
Non c'è nulla di innovativo, è una semplice storia vera riportata sul grande schermo e la sua forza sta proprio qui: non voglio partire con un pippone femminista sulle lotte e le rivendicazioni, sulla forza delle donne, il machismo di certi individui e via dicendo.
Non ce n'è bisogno.
Tutta la storia è narrata in maniera leggera, accanto a battute e situazioni comiche ci sono tragedie personali e attriti molto forti, ma le richieste delle operaie dello stabilimento Ford sono così basilari che non necessitano di grossi giri di parole o di azioni radicali per farsi valere.
Sì, è vero, arrivano a chiudere la fabbrica, ma nessuno se lo aspettava. Nemmeno lo volevano, forse non avevano neanche ben chiara la portata della loro protesta.
E quando gli uomini, incazzati perchè lo sciopero li ha lasciati senza lavoro e senza paga, rinfacciano alle mogli come loro, mariti onesti e non violenti, non si meritino un trattamento simile (son proprio dei santi, addirittura NON PICCHIANO I FIGLI, attenzioneattenzione) si sentono rispondere che non c'è nulla di eccezionale: è solamente come dovrebbe essere, brutti idioti.
Il film, poi, è coronato da molte storie che non vengono spiegate fino in fondo oppure non ci vengono presentate sin dall'inizio e questa non è una lacuna: è l'estremo simbolo di come le donne portino avanti più aspetti della loro vita contemporaneamente, di come riescano a conciliare sogni e necessità, amore e carriera in completa autonomia.
Possono coltivare velleità da modella ed esprimersi creativamente anche nell'abbigliamento che usano per andare in fabbrica per poi scendere in piazza ed essere combattive e risolute (e pure un po' volgari, diciamolo).
Ne esce, quindi, un film leggero ma impegnato al tempo stesso; una commedia riflessiva ma con momenti esilaranti, perchè è così che dovrebbero essere trattati i grandi temi: a volte non servono molte parole perchè è tutto chiaro.

All'inizio del film il loro rappresentante sindacale dice che è stato in guerra contro Rommel, eppure quelle ragazze lo spaventano molto di più.
A Venezia il carcere maschile sorgeva accanto alla Manifattura Tabacchi e tra le due, dicono, facevamo molta più paura le tabacchine.
Un motivo ci sarà.


About the Author

Edna Von V
Se c'è qualcosa di più importante del mio ego su questa nave, la voglio catturata e fucilata.

Related Posts

0 commenti